il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

ROCKY vs DRAGO vs ROCKY IV
confronto tra le due versioni
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339686 commenti | 64233 titoli | 25491 Location | 12697 Volti

Streaming: pagine dedicate

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  • Film: Non son degno di te (1965)
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Nicola Borghesi

    Nicola Borghesi

  • Mario Donati

    Mario Donati

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Dave hill
Il miglior film di zombi italiano e uno dei migliori in assoluto! La genesi dei ritornanti è il voodoo, ma il trucco del maestro Giannetto De Rossi li approssima ai migliori del genere. Trama solida e avvincente con incastonate perle splatter ancora oggi d'effetto. Atmosfera tropicale che da solare si tramuta in claustrofobica, assedio nella chiesa lazzaretto quasi western, zombi catatonici ma inarrestabili e contagio che dal terzo mondo si propaga alla Grande Mela, simbolo di civilizzazione. Stupendo, da vedere spesso e volentieri.
Commento di: Pigro
Un prurito irrefrenabile attacca un uomo che sta scrivendo al computer. Un’azione quotidiana in cui riconoscersi, che presto trascende e tocca accenti splatter. Il cortometraggio è ben realizzato, con un bel senso del crescendo nonché dell’irruzione del salto paradossal-parossistico nel ritmo placido di una routine innocua. La stessa pulizia visiva è ben concepita: un ambiente razionale e quasi spoglio, pressoché in bianco e nero, pronto allo sconvolgimento. Il finale la butta in leggerezza, quasi per esorcizzare l’incubo horror.
Commento di: Alex75
Penalizzata da una certa dispersività iniziale e da una regia anonima, sollevata e tenuta in piedi da un Caine sornione, questa commedia è una critica cinica del rampantismo e dello yuppismo amorale dell’epoca, che il protagonista affronta trionfalmente usandone le stesse armi, in un coinvolgente e ingegnoso crescendo di nefandezze contro antagonisti che non sono migliori di lui e che va di pari passo con la sua ascesa sociale. Un’idea più che buona svolta nel complesso più che dignitosamente, anche se avrebbe meritato una migliore caratterizzazione dei personaggi secondari.
Commento di: Katullo
Sfiora la sufficienza la prova di Venier dedicata al simpatico duo "della panchina", ma solo perché la storia annaspa verso un imprecisato finale, lasciandosi dietro qualche buco come le rispettive conclusioni familiari e un ritorno alla "stabilità" avventuroso. Ale e Franz non risentono troppo dell'outdoor da grande schermo e bene si muovono tra i ciak milanesi; le truffe alternano alti e bassi mentre, se la Ocone sfoggia scollature, la Maggi insiste con antipatia in un ruolo che sa di opportunismo. L'indigenza, purtroppo, resta una cosa troppo seria per poterla beffare con poco.
Commento di: Pumpkh75
Quanto alla materia soprannaturale c’è poco di cui stracciarsi le vesti: l’andirivieni dall’ “otherside” è ormai al limite dello sfruttamento e il grimaldello della mano, più evocativo nel comparto pubblicitario che nel film, ha una funzione quasi contingente. Quello che pompa il giudizio è il substrato: i gemelli Philippou raffigurano le dipendenze dell’odierna gioventù senza edulcorare né demonizzare, cristallizzano le diversità con naturalezza, si privano dei bellocci di turno e trasformano il nascere youtuber in un vantaggio. Non è imprescindibile ma lascia una sua impronta.
Commento di: Luluke
L'umorismo british associato a un soggetto tipicamente noir non è una novità, neppure per Ritchie. Quando poi le due componenti sono ben calibrate e sostenute dal giusto ritmo della narrazione, il film funziona anche in assenza di una storia particolarmente elaborata. Qui poi siamo in presenza di una parata di attori che recitano al loro meglio. Butler, Elba, Hardy danno anche la sensazione di divertirsi e Wilkinson, l'unico serioso, è come sempre impeccabile. Un vero peccato invece lo scarso successo commerciale che ha cassato l'idea di un sequel, annunciato nei titoli di coda.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Il primo spettacolo post-Covid di Siani non è poi così centrato sulla triste situazione derivata dalla pandemia come ci si poteva aspettare. Si sorvola sul problema preferendo porre l'attenzione su altro, ed essendo registrato al Teatro Arcimboldi di Milano una lunga parte è dedicata alle scontate differenze tra milanesi e napoletani, all'atteggiamento - visto naturalmente in chiave caricaturale - di chi vive per il progresso, per il successo, celebrando l'efficienza. Qualche bonaria presa in giro, ma Siani sa qual è il pubblico che ha di fronte e non affonda...Leggi tutto troppo il colpo, prevedibilmente. Anche perché a guardar bene i difetti sottolineati sono sempre gli stessi, col capoluogo lombardo invaso dalle pizzerie napoletane senza che in Campania, ci fa notare Siani, nessuno abbia mai pensato di aprire un ristorante milanese.

L'approccio del nostro è quello di sempre: semplice, ingenuo, verace... Non si sottrae a doppi sensi e giochi di parole puerili pur conoscendo i limiti degli stessi, si interrompe spesso per ridere tra sé e sé anche quando francamente ben poco ci sarebbe da ridere. In effetti la sensazione, una volta di più, è che il Siani intrattenitore, cabarettista vulcanico d'innata simpatia, sia nettamente superiore ai testi che porta in scena, la cui ricercatezza è assai relativa. Certo, si può far ridere anche solo sfruttando la propria verve, ma bisogna essere davvero molto bravi per riuscirci...

Battendo sui soliti tasti (le differenze tra l'uomo e la donna, l'inconsistenza della classe politica attuale...) si colpisce il bersaglio grosso, si ottiene di stimolare nel pubblico il facile gioco di complicità alla base del successo di tanti cabarettisti, ma poi bisognerebbe in qualche modo sapersi distinguere, e in questo Siani poco funziona: non aggiunge molto a quella che è la propria carica vitale, che in parte è quella del napoletano che fa buon uso del proprio dialetto senza renderlo incomprensibile ai più. Ha anche per questo una sua indubbia efficacia, quando ciò che si racconta offre qualche spunto di divertimento. Il fatto è che qui gli spunti buoni mancano, e si arranca inseguendo macroargomenti banali e affrontati similmente infinite volte.

Scarsa l'interazione col pubblico (e questo non è un male, per chi segue da fuori), numerosi gli inciampi che generano pause spesso riempiti da applausi che scattano automatici "in soccorso". Si ride molto moderatamente e vien da chiedersi che effetti otterrebbe Siani potendo attingere da testi meno qalunquisti e più articolati. Perché anche il saluto finale, con i metaforici regali che il nostro farebbe ad ogni singolo politico del suo tempo (Letta, Di Maio, Meloni, Renzi, Salvini e Berlusconi, che sarebbe morto di lì a poco) non rappresenta certo una chiusura entusiasmante...

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Paolo (Gelijeses) e Carlo (Barbareschi) sono due coinquilini molto diversi. Amici, certo, ma dagli interessi diametralmente opposti, per quanto anche il carattere più superficiale e spontaneo di Carlo sia comunque ispessito da un amore per la musica "colta" che lo porta a frequentare lezioni di violino con l'orchestra. Anzi, tra i due quello più stereotipato è Paolo: gestisce con Sandro (Cavallo) una libreria (la “Galleria dei Librari" dice l'insegna), ama i grandi scrittori e si giudica molto più maturo di Carlo, che cerca sempre di coinvolgerlo...Leggi tutto in uscite a quattro con altre ragazze semplici (che i due definiscono "manzotte").

Sullo sfondo di una Roma che non si fa troppo notare, il film cerca di inquadrare i due protagonisti concentrandosi di più su Carlo, come detto il carattere meno scontato a cui il giovane Luca Barbareschi rende un buon servizio uscendo dai canoni della recitazione tradizionale, più appannaggio di un Gelijeses che comunque non demerita.

Carlo ama vivere di notte, mentre di giorno suona in un gruppo rock nel quale si occupa non solo del violino ma anche delle tastiere. La cantante, con movenze punk da Jo Squillo, è Frizza (Melato, anche coautrice dei pezzi e voce reale dei brani), tuttavia ai margini di ogni dinamica sentimentale. Chi invece vi rientra a pieno titolo è Lili (Prati), che Paolo conosce in libreria e con la quale condivide da subito un certo tipo di interessi culturali: lei recita in un teatro underground (in compagnia c'è anche Carlo Monni) e trova affinità con la riservatezza e l'amore per l'arte di Paolo. Poi però, dopo aver inevitabilmente conosciuto anche Carlo, finisce col non trovarsi indifferente alle avance di quello e a cedergli, in gran segreto. Fino a quando...

L'amore a tre occupa tuttavia solo la seconda parte di un film che avrebbe invece l'ambizione invece di esserne indipendente, di potersi permettere di proseguire anche solo raccontando le diverse vite e i bonari screzi tra amici, intervallando le scene con qualche pezzo rock (c'è persino l'intera ricostruzione di un videoclip, per un un brano del gruppo) e sfruttando una sceneggiatura con qualche scambio simpatico, con un Barbareschi capace di sdrammatizzare quando c'è da sciogliere la tensione ma anche di mostrarsi più profondo quando le tematiche si fanno meno frivole.

A Victor Cavallo il personaggio secondario più incline alla battuta, mentre poco viene dalle scene in teatro o dall'incontro col nonno di Paolo. Finale meno riuscito di quanto vorrebbe, chiuso anzi quando meno ce lo si aspetta ma senza che questo significhi lasciar spazio a ulteriori riflessioni. Non una regia particolarmente incisiva, ma la recitazione e alcune situazioni permettono di non annoiarsi troppo... Apprezzabile il tentativo di raccontare la quotidianità di trentenni non troppo occupati mantenendo una certa leggerezza di fondo e affrontando il tutto con mirato disimpegno.

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Tratto da una storia vera, il film racconta il processo che vide contrapposti un agricoltore canadese settantatreenne, Percy Schmeiser (Walken), e la multinazionale Monsanto, che lo accusava di usare nelle sue coltivazioni di colza gli speciali semi OGM brevettati. Percy non li aveva mai acquistati, ma evidentemente qualche contadino vicino ne aveva perso qualcuno per errore sui suoi possedimenti facendo crescere piante più resistenti. La Monsanto, accortasi della cosa, denuncia Percy, il quale si rifiuta di pagare (benché abbia intuito che per qualche motivo i suoi semi devono essere...Leggi tutto stati effettivamente modificati) né capisce come quelli possano pretendere da lui dei soldi.

Considerando i mezzi finanziari pressoché illimitati di una multinazionale è la battaglia di Davide contro Golia ("Percy vs. Goliath", non a caso, è uno dei titoli alternativi), che Percy decide di condurre a fianco di un giovane avvocato locale (Braff) non del tutto convinto di poter combinare qualcosa di utile, nello sfidare un avversario tanto potente. Con il nostro eroe, tuttavia, si schiera a sorpresa un'associazione che combatte gli OGM e gli garantisce la copertura di molte spese con la speranza che una decisione favorevole possa segnare un importante precedente. L'eco del caso si allarga a macchia d'olio e - nonostante un argomento a prima vista piuttosto ostico - conquista l'opinione pubblica, in attesa come noi di capire quale sarà la decisione finale.

Il processo tuttavia occupa meno spazio di quanto si possa pensare. Benché non manchino, i passaggi in aula sono spesso risolti con una certa sbrigatività per lasciare spazio al dramma di Percy, al suo rapporto con l'anziana moglie (Maxwell) e a quello con Rebecca (Ricci), che in ogni modo cerca di convincerlo a concedersi di più alla stampa per aiutare anche loro ad avere la giusta visibilità in modo da poter raggranellare il denaro sufficiente senza il quale Percy non potrebbe nemmeno pensare di difendersi.

Walken contadino non è facile da immaginare, e infatti al di là di qualche passaggio in Dodge tra i campi, qualcuno tra le colze che colorano di giallo e verde gli sterminati paesaggi naturali, resta sempre piuttosto distante dalla dura vita agreste, con quell'aria superiore concessagli da una costante militanza nel cinema di alta qualità e uno degli sguardi di ghiaccio più riconoscibili che si conoscano. Il suo personaggio, nella bonaria ritrosia a socializzare con gli estranei, ne riflette l'onestà interiore, la rettitudine morale che riesce difficile da poter credere condannata. La sua avventura però, che prevede addirittura una trasferta in India organizzata da Rebecca per sensibilizzare il mondo intero dell'agricoltura al suo caso, appare descritta con una certa superficialità, senza approfondire davvero nessuno degli spunti offerti dal soggetto.

Una sceneggiatura poco incisiva, una regia che sbriga la pratica senza grande entusiasmo, limitandosi a lavorare correttamente. Si attendono le decisioni dei giudici così come quelle di Percy, che sua moglie si dice sempre convinta siano quelle giuste, a prescindere. Un po' di tenerezza nei confronti dell'età, di discorsi pubblici che nella loro semplicità toccano le corde giuste, ma il coinvolgimento è relativo e l'asetticità della messa in scena non aiuta.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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